I nostri consigli

Qualche tempo fa Ha'aretz, il quotidiano progressista israeliano, ha affidato una rubrica a Sayed Kashua, l'autore di Due in uno e di Arabi danzanti, lasciandogli piena libertà nella scelta dei temi trattati. Grazie a un irresistibile connudio tra gli aspetti più intimi e personali della vita dell'autore e la situazione storica e politica di Israele, la rubrica è diventata in breve un appuntamento imperdibile per i lettori di Ha'aretz. Kashua ne ha raccolto in volume gli scritti più significativi, creando una delle sue opere più riuscite. Il libro è la fotografia tenera, caotica e personalissima della vita di uno scrittore eccentrico: un palestinese nato e cresciuto in Israele, un arabo che scrive in ebraico, un Charles Bukowsky in versione mediorientale, che non esita, in pagine di incontenibile umorismo, a svelare i segreti della sua stessa esistenza privata.
Sayed Kashua, Ultimi dispacci di vita palestinese in Israele, Neri Pozza 2017

Nella città serba di Novi Sad, nelle vicinanze della frontiera ungherese, tra il 1939 e il '45 persone legate tra loro da relazioni di parentela e vicinanza sono investite dall'uragano della storia. Un uragano che assume le fattezze della seconda guerra mondiale, catastrofe che investe tutto e tutti, sconvolgendo le vite della facoltosa famiglia ebrea dei Kro-ner e dei serbi Bozic e Lazukic, i cui destini e le cui storie si intrecciano intorno al diario rosso di Anna Drentwenscheck, insegnante di tedesco della cittadina. Vera, Milinko e Sredoje, i tre protagonisti, rappresentano un'umanità che resiste all'orrore e alla follia del nazismo, che non cede il passo senza combattere, che soffre e patisce senza mai smarrire l'amore e l'entusiasmo per la vita. Come nello stile di Tisma, che qui raggiunge la piena maturità stilistica, la loro è una storia di sconfitti: «Penso che ogni vittoria sia falsa - scrive l'autore -. Vera è solo la sconfitta, perché la vita è in definitiva sempre una sconfitta, a meno che non sia, dal principio alla fine, un'illusione. E le illusioni non mi attirano».
Aleksandar Tisma, L'uso dell'uomo, Calabuig 2017

Berlino, 1989. Dj Darky è nero, viene da Los Angeles e ha un sogno: trovare Charles Stone, in arte Schwa, mitico musicista dell'avanguardia jazz, e fargli suonare il suo perfetto pezzo beat. Il Muro cadrà a breve e una nuova Berlino si schiude davanti al suo sguardo, sterminata e pullulante di vita: va scovato il cuore pulsante della città, ne va colto il battito, va fatto proprio. Un'arteria tra tutte gli balza agli occhi segnando un percorso, indicando la meta: un locale in cui si fa musica, lo Slumberland bar. In quei pochi, fumosi metri quadrati di impiantito sporco e ritmo perfetto, una nuova stagione di ascolto si schiude e lo accoglie: un'educazione sessuale, politica e acustica che via via si annette territori inediti, nuovi gusti musicali, nuove memorie fonografiche...
Paul Beatty, Slumberland, Fazi 2017

Nell'Italia rurale del dopoguerra, Pietro, un bambino di sei anni, non vive una vita semplice: i suoi genitori sono contadini in miseria e la casa in cui vivono cade a pezzi. Un giorno, a portarlo via da lì, via dai genitori, via da tutto ciò che conosce, si presenta un uomo enorme, con una grossa pancia e la testa completamente pelata, tonda e liscia come il fondo consunto di una pentola di rame: è l'ispettore incaricato di condurlo in collegio. (...) Per sopravvivere agli orrori del collegio, Pietro stringe amicizia con Mario, un ragazzino sveglio e intelligente. Nonostante sia più di un anno, Mario ha il corpo minuto ed è più basso degli altri bambini della sua età, come se non fosse cresciuto abbastanza. Le suore lo chiamano "la peste", per via del suo spirito ribelle che, più di una volta, lo ha portato a tentare la fuga. È sempre stato riacciuffato e picchiato, ma Mario non si è mai arreso, fino al giorno in cui una punizione più dura del solito lo fa cadere malato. Solo allora Pietro capisce che dovrà mettere da parte la paura e scoprire il coraggio se vuole salvare l'amico e ritrovare la libertà.
Francesco Formaggi, Il cortile di pietra, Neri Pozza 2017

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